“I nidi
aziendali non ci convincono. Preferiremmo che le aziende
finanziassero gli asili sul territorio, magari riservando una quota
di posti per i propri dipendenti”. Bruno Pizzica, della Camera del
lavoro metropolitano della Cgil di Bologna, non nasconde le
perplessità del suo sindacato circa l’eventualità che esperienze
come quelle dell’asilo di Ozzano Emilia si diffondano a macchia
d’olio. “Il nido è un servizio educativo che deve essere
integrato con il territorio – spiega. - Confinarlo all’interno
di un’azienda è sbagliato. L’esperienza della Facoltà di
Veterinaria, da questo punto di vista, è positiva. L’asilo è
aperto al territorio, in quanto anche i figli degli abitanti del
paese possono accedervi. Inoltre, dal punto di vista logistico, è
inserito in una grande struttura universitaria con diversi spazi
verdi”.
Tuttavia, le
riserve espresse più volte dal sindacato restano, non è vero?
Quello che non
accettiamo è che, ad esempio, il coordinamento pedagogico di queste
strutture non sia di competenza comunale. I nidi aziendali, infatti,
seguono progetti educativi autonomi. Inoltre, gli educatori che
lavorano in questi asili sono dipendenti dalle cooperative: hanno
per questo una retribuzione e un trattamento inferiori rispetto ai
colleghi del pubblico. In questo modo, la concorrenza rischia di
basarsi solo sul piano del costo del lavoro e non su quello
dell’offerta educativa. Molti Comuni istituiscono asili aziendali
perché così risparmiano. Un educatore di cooperativa guadagna
900-950 euro al mese, uno pubblico 1200-1250.
Questo è un problema da risolvere in sede di contrattazione
nazionale. I vari Comuni, tuttavia, quando affidano le commesse a
privati, dovrebbero tenere conto delle condizioni che questi privati
offrono ai propri lavoratori. Positivo, in questo senso, quanto fatto
dall’amministrazione comunale di Pianoro, che ha sì aperto una
nuova sezione di nido gestito da una cooperativa ma si è anche
offerto di integrare lo stipendio dei lavoratori, aumentando cioè i
contributi dati al privati con la clausola che questo di più vada a
rimpolpare gli stipendi dei lavoratori.
A parità di
requisiti, la condizione di minor tutela degli educatori dipendenti
da una cooperativa rischia dunque di ripercuotersi sulla qualità
del servizio?
Proprio così.
A causa, ad esempio, dei bassi salari, molti ragazzi considerano
l’impiego in cooperativa come un lavoro di passaggio, non per la
vita. Il turn over è molto alto e per questo la continuità
didattica rischia di essere compromessa. Anche la motivazione al
lavoro rischia di essere minore. Alla fine, la ricaduta sulla qualità
del servizio è inevitabile. Il Comune di Bologna, sotto questo
aspetto, è più efficiente per quanto riguarda i servizi agli
anziani, in gran parte gestiti da cooperative, i cui lavoratori
godono di un aumento di salario del 4,5%. E’ ancora poco ( ci
vorrebbe infatti un’integrazione di almeno il 10% per portare
tutti a livello dei comunali) ma è già qualcosa.
Quali
sono, allora, le proposte del sindacato per risolvere il problema
delle lunghe liste d’attesa per un posto al nido?
Prima di tutto,
la situazione ottimale sarebbe che il Comune gestisse direttamente i
suoi nidi. Non sarebbe impossibile. Per rendere disponibili i 600
posti nido necessari a Bologna, sarebbe sufficiente stanziare 5
milioni di euro, pari all’1% del bilancio comunale. Una cifra non
poi così alta, se si tiene conto che in questi 4 anni, la spesa per
le consulenze esterne è passata da 4,5 milioni a 9,5 milioni di
euro. Consulenze che spesso si rivelano inutile e superflue, uno
spreco inutile. Dei 105 dipendenti che ha il Comune, ben 55 hanno
infatti un contratto come consulenti. Questo ha gonfiato di molto le
spese.
La direzione
intrapresa dall’assessore comunale alla scuola, Franco Pannuti,
sembra invece totalmente diversa.
Il piano che ha
Pannuti di creare 600 posti convenzionati, determinerà un
rovesciamento della tradizione di asili pubblici bolognesi, che
diventerà sempre più squilibrata in favore dell’offerta privata.
Oggi i privati gestiscono il 2,5% del posti nei nidi. Fra 3 anni, si
prevede di far salire questa percentuale al 27%. Nel frattempo,
Pannuti non sta facendo nulla per i nido comunali, fa crescere solo
i privati. E’ una tendenza che
non ci piace per niente.
Sabato,
intanto, sarà inaugurato un nuovo asilo aziendale.
Sì, quello
della Phoebis s.r.l. Nei giorni scorsi abbiamo chiesto a Pannuti di
conoscere gli standard qualitativi e la modalità della convenzione.
Tuttavia, l’assessore non ci ha ancora risposto.
Alessandro De
Michele
|