Al lavoro con papà
 

Veder giocare nell’azienda di mamma o papà bambini di non più di tre anni in futuro potrebbe non essere tanto inusuale. Ad Ozzano Emilia, i piccoli che frequentano il nido della Facoltà di Medicina veterinaria sono spesso accompagnati dalle proprie educatrici a vedere gli animali presenti in istituto. Si tratta del primo esperimento di asilo aziendale "universitario" in Italia, ovvero di una struttura che, pur essendo aperta a tutti, ha in primo luogo il compito di accogliere i figli dei dipendenti e degli studenti della Facoltà. 

A più di un anno di distanza - l’asilo ha infatti aperto i battenti nell’ottobre 2002 - l’esperienza sembra destinata a ripetersi. Per riuscire a collocare i circa 600 bambini segnati in lista d’attesa per il 2003, il Comune di Bologna è infatti intenzionato ad incentivare la creazione di asili nido aziendali. Sono così in arrivo altre strutture analoghe. Entro il 2005 ne sono previste almeno cinque: una all’ospedale Sant’Orsola, una all’istituto Giovanni XXIII, una nella sede centrale dell’Università, una per i dipendenti Hera e una per quelli della Phoebis s.r.l. Quest’ultima, allestita nella sede della compagnia in via Massarenti 400/2 e convenzionata con il Comune per dieci posti, sarà inaugurata sabato prossimo dall’assessore comunale alla scuola Franco Pannuti.

La realizzazione di servizi di asili nido nei luoghi di lavoro è stata prevista dalla legge 448 del 28 dicembre 2001. Sulla base di tale disposizione, la Finanziaria 2003 ha disposto la sovvenzione dei datori di lavoro intenzionati a realizzare dei nido all’interno delle loro imprese. In una regione come l’Emilia Romagna, rinomata per l’alta qualità dei suoi asili pubblici, il pericolo secondo alcuni è quello di creare delle strutture di serie B. Per il Comune di Bologna, invece, l’istituzione dei nido aziendali potrebbe portare una boccata d’ossigeno alle affollatissime liste d’attesa, senza per questo compromettere la qualità del servizio, in quanto le commesse ai gestori privati verranno sempre assegnate dall’autorità pubblica. Al centro del dibattito la riforma del ministro dell’istruzione Letizia Moratti, che punta a dare maggior peso ai privati nel settore della scuola. Cosa, questa, che incontra la decisa opposizione dei sindacati, Cgil in testa.

“Le cooperative a cui il Comune dà in appalto la gestione dei vari asili nido aziendali - commenta Bruno Pizzica, della Camera del lavoro metropolitana della Cgil di Bologna– seguono progetti educativi autonomi. Secondo noi, invece, il coordinamento pedagogico dovrebbe invece restare nelle mani del pubblico. Inoltre, gli educatori che lavorano in queste strutture risultano come dipendenti delle cooperative, dunque con una retribuzione inferiore ai loro colleghi comunali. Il rischio è che la concorrenza tra i vari istituti si sposti dal piano dell’offerta formativa a quello del costo del lavoro”. In parole povere, secondo Pizzica, i Comuni sarebbero tentati di istituire questi asili nido aziendali perché così possono risparmiare. Lo stipendio medio di un educatore comunale si aggira infatti attorno al 1200- 1250 euro. Il suo collega dipendente da cooperativa guadagna invece attorno ai 900-950 euro mensili.

L’esperienza del nido di Ozzano, tuttavia, è particolare. “Asilo di serie B? – precisa la coordinatrice del nido universitario, Micaela  De Simone – Qui semmai viene percepito il contrario. Nella nostra struttura hanno accesso prevalentemente figli di ricercatori e docenti universitari. Come se non bastasse, siamo all’interno di una facoltà e, essendo stato il primo esperimento di questo genere, abbiamo avuto una certa pubblicità”. 

Diverso sarà il caso di un asilo “confinato” in un’azienda qualsiasi. Qui, il pericolo di trovarsi di fronte a un servizio di seconda scelta è dietro l’angolo. “Il caso di Ozzano – spiega la segretaria provinciale della Cisl scuola, Patrizia Prati – è certamente singolare. Bisogna tuttavia precisare che le cooperative che gestiscono questi asili nido sono soltanto dei prestatori d’opera, con contratti occasionali che offrono minori tutele ai lavoratori. Inevitabilmente, questo rischia di abbassare la qualità del servizio”. Dal canto suo, l’assessore regionale alle politiche sociali, Gianluca Borghi, getta acqua sul fuoco. “Il pericolo di ritrovarsi con strutture dequalificate – precisa Borghi- si corre soltanto se l’ente locale che assegna le commesse non stabilisce norme comuni per tutti e non effettua i dovuti controlli. Ma questo non è certo il caso dell’Emilia Romagna”.

 

Alessandro De Michele

Nido aziendale di Ozzano: "Una struttura di serie A"

 

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