Il
21 luglio 1956
lo stadio Dall’Ara registrò il tutto esaurito. Era un
sabato e non era rimasto un buco, né sulle tribune né sul campo.
Non si giocava una finale di calcio, ma sul ring, allestito per una
serata destinata a restare nella storia dello sport italiano, Franco
Cavicchi, nato a Pieve di Cento il 12 maggio 1928, bolognese di
adozione e tra i più grandi pugili italiani, incontrava il tedesco
Heinz Neuhaus. Da vincere il titolo europeo. “E’ stato l’idolo
di Bologna negli anni ‘50”. Gualtiero Becchetti, direttore della
rivista Boxe ring, organo ufficiale della Federazione pugilistica
italiana, racconta di un mito, quello del campione Franco Cavicchi,
detto Emilian Bull, che a Bologna è ricordato come una leggenda.
“Il pubblico accorreva in massa ai suoi incontri. Molti perché lo
amavano, altri perché speravano di vederlo perdere. Era un
personaggio che suscitava comunque sentimenti forti”. Forti come i
suoi colpi di peso massimo. Franco Cavicchi ha combattuto 89
incontri vincendone 71 e 45 volte ha messo k.o. l’avversario.
Prima di lui, a fare grande il pugilato emiliano-romagnolo, il suo
allenatore e maestro: Leone Blasi, campione dell’anteguerra.
Oltre
a Cavicchi, l’Emilia Romagna ha partorito altri campioni. Tra gli
anni ‘50 e ’60 hanno combattuto Alfredo Parmeggiani, campione
italiano pesi welter, e Luciano Massacurati, campione italiano pesi
gallo. Tra gli anni ’60 e ’70 Enzo Farinelli e Franco Zurlo.
“Poi c’è Rubini – continua Gualtiero Becchetti -, che è
stato un bravo pugile, ma soprattutto è un grandissimo allenatore.
E’ lui che ha allenato finora Simone Rotolo, il migliore campione
del momento”. Un altro bolognese è stato grande: “Tra gli anni
’80-’90 protagonista della scena del pugilato italiano nella
categoria welter è stato Paolo Pesci”.
Non
era bolognese, ma a Bologna si allenava Mino Benvenuti. “Bruno
Amaduzzi, il suo manager – racconta Becchetti – , era di Bologna
e allora ha portato il suo campione in Emilia. Per un periodo
Benvenuti non si è solo allenato ma ha anche abitato a Bologna”.
Non
è stato l’unico. Il direttore di Boxe ring spiega che il
capoluogo emiliano è stato un centro vitale del pugilato italiano,
non solo per i nomi di Cavicchi e di Dante Canè, ma anche per la
fervente attività delle società sportive nate fin dagli anni
’20, da quando cioè venne fondata la Federazione pugilistica
italiana.
“Negli
ultimi 7 anni la boxe ha conosciuto un momento positivo”.
Becchetti spiega che, a livello nazionale, dopo la crisi che si è
protratta dalla fine degli anni ’80 e per tutti gli anni ’90, il
pugilato si sta risollevando. “Sono aumentati gli iscritti e sono
rinate le società”. L’Emilia Romagna, con 34 società presenti
sul territorio, è la quarta regione italiana. In Toscana le società
37, in Lombardia 42 e nel Lazio 59.
Anche
al comitato regionale Emilia Romagna della Federazione pugilistica
italiana parlano di dati finalmente incoraggianti sulla pratica
della boxe a livello nazionale. Ma soprattutto, sul piano
territoriale, hanno di che vantarsi. I campioni del momento, ancora
una volta, sono figli loro: Simone Rotolo, campione italiano e
intercontinentale e Christian Cavazza, campione italiano e più
volte azzurro, sono figli loro.
Federica Pezzali
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