Scuola di Giornalismo, una scelta che ripaga
 

 C'è un'opinione diffusa nelle stanze del giornalismo più snob: le scuole non servono, il mestiere si impara in redazione. Eppure diventare giornalisti tra i banchi di scuola è possibile, come dimostra un'inchiesta condotta sugli allievi del biennio 2000-2002 delle Scuole di Urbino, Bologna e Perugia. A un anno dall'esame di stato, tutti i neo-giornalisti hanno trovato un'occupazione più o meno stabile. Uno su quattro (24% del campione) è stato assunto a tempo indeterminato, mentre gli altri possono vantare contratti di collaborazione (35%), a termine (34%), e di sostituzione (5%). Ma c'è anche chi, sbeffeggiando il posto fisso, ha deciso di entrare nel mondo del giornalismo dalla porta dei freelance (2%).

I nuovi alla carica. Tv, giornali, emittenti radio, siti internet, uffici stampa. Nell'era della comunicazione globale anche il mondo del giornalismo è cambiato. L'immagine un pò romantica del giornalista a caccia di notizie è ormai quasi un ricordo. In compenso la nascita di nuove figure professionali offre alle nuove leve opportunità un tempo impensabili, a patto che si disponga di una buona dose di voglia di fare, oltre alla capacità di adattarsi a situazioni che cambiano sempre più in fretta.

Le carte vincenti. Nel rinnovato mondo del giornalismo le scuole giocano un ruolo importante. Sia chiaro, nulla è garantito e non si tratta di una scorciatoia verso la professione. Iscrizione non è sinonimo di assunzione e, alla fine del biennio, l'esame di Stato è solo uno degli scogli da superare. Ma se da un lato la scuola non garantisce direttamente alcun inserimento professionale, è anche vero che offre la preziosa opportunità di fare esperienza e di farsi conoscere in redazioni altrimenti irraggiungibili. La formazione non solo teorica, oltre alla sostituzione del praticantato e alle opportunità svolte dagli stages redazionali, sono quindi le chiavi di lettura che spiegano come è possibile formare buoni giornalisti lontano dalle redazioni.

Svolte estive. "Quel che conta di più sono gli stages estivi - spiega Elena, ex allieva della scuola di Perugia oggi dipendente Rai - sono la vera opportunità. Se te li giochi bene possono essere un trampolino professionale: impari, conosci, ti fai conoscere e, se lavori bene, apprezzare". A Elena fa eco Giovanni, ex allievo della scuola di Urbino che ha trovato il suo "posto" al Giornale: "La scuola è stata molto utile. L'impostazione pratica mi è servita molto." Se il giudizio complessivo è positivo, non mancano però alcune note polemiche. "La scuola è servita per gli stage - spiega Adriana, ex allieva della scuola di Bologna e oggi giornalista de l'Unità - ma poteva essere più produttiva nei contenuti. Le lezioni spesso non erano commisurate al livello post-universitario". E c'è anche chi, come Sciltian, tornato da Urbino con la tessera da professionista collabora da freelance con alcuni settimanali ma continua a fare lo scrittore: "La scuola non è stata utile per gli agganci. Le collaborazioni me le sono trovate da solo. La scuola? Non ha cambiato il mio modo si scrivere". Presto potremo valutare se è stato un bene o un male: tra non molto Sciltian pubblicherà un saggio sulla storia del cinema americano.

Ricordi di scuola. Ma c'è un sentimento che accomuna tutti gli ex allievi: la nostalgia per la scuola. Alla fine Luana non si trattiene: "Anche se non me lo chiedi, mi faccio io la domanda. Rifaresti la scuola? La risposta è si". Storie che si intrecciano tra ricordi, opportunità colte al volo, delusioni dissimulate. Colpisce però che nessuno di loro, nemmeno i più critici, accenni al costo (tutt'altro che indifferente) del bienni di specializzazione. Forse il ricordo è stato rimosso, o forse la spesa si è rilevata un investimento. E la scelta della scuola una scelta che ripaga.

Antonio Larizza  

 

Reporter di professione, 
barista per caso

 
"La scuola? La mia nuova 
carta d'identità"


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