Che cosa significa essere disabili in
questa città? Nell'anno, appena chiuso, che l'Europa ha dedicato ai
portatori di handicap e all'abbattimento delle barriere
architettoniche, a Bologna non ci siamo ancora. Secondo gli
operatori del settore la situazione è sufficiente, ma da più parti
tuona sempre la solita frase: "Si può e si deve fare di
più". Potrebbe sembrare lo slogan di una campagna di
sensibilizzazione e invece è il monito di chi lavora con i disabili
e da anni vede problemi irrisolti. "Bologna
è una città medievale che già di suo ha delle barriere, ma
bisogna sforzarsi di renderla fruibile da tutti e pensare ad una
mobilità universale". A dirlo è Carlo Vicinelli, il vice
presidente dell'Aias (Associazione italiana assistenza spastici), un
tetraplegico, in carrozzina, che i posti pubblici di questa città
li ha visitati quasi tutti personalmente. Le persone nelle sue
condizioni devono rinunciare, a quanto pare, ad una vita normale.
"L'accesso ai luoghi pubblici è discriminante e non a norma -
accusa Carlo - e per rimediare, spesso si ricorre a soluzioni meno
costose ma di scarsa qualità". Come
sia difficile circolare, fare sport, godersi una mostra, un film o
uno spettacolo, parla di tutto questo lui, che a 41 anni, non ha mai
potuto realizzare il sogno di salire sulla torre degli Asinelli per
vedere Bologna dall'alto. "Eppure - continua - qualche anno fa
fu fatto uno studio di fattibilità per dotarla di un ascensore per disabili. Questo dimostra che si può
realizzare qualsiasi cosa se c'è la volontà politica". Pochi
i bus attrezzati, stessa cosa per i taxi: solo tre. Forse il
prossimo anno 9, grazie ad un progetto del Comune e della Carisbo. E
ancora, le rampe per salire sui marciapiedi sono pericolose perché
non hanno la giusta pendenza e mancano semafori acustici per i non
vedenti. "Esisteva un servizio del Comune che accompagnava i
disabili a lavoro, ma noi, come tutti, viviamo anche di altre cose -
dice Carlo -. Cinema e teatri in gran parte non sono a norma, stessa
storia per le chiese, l'unica accessibile è San Pietro, in via
Indipendenza. Gli escamotage non mancano: ragazzi che lavorano al
cinema e si offrono di trascinare le carrozzine, le rampe non a
norma della Sala Borsa, il montascale dell'Arena del Sole, il servo
scala dell'Infobox, che ci costringe ad entrare dall'altra parte
della strada". A salvarsi, invece, i musei tenuti dal Comune e
le piscine "dove i tecnici hanno manifestato la volontà di
rinnovo". Situazione nera nelle università. Non mancano casi
di studenti con evidenti problemi motori che non possono seguire le
lezioni perché le aule non sono attrezzate. "Ci sono leggi che
ci riguardano e che vanno rispettate. Cinque anni fa,
l'amministrazione si è dotata del piano di abbattimento delle
barriere e l'indagine eseguita dimostrava che c'era molto da rifare,
ma costava troppo" conclude Vicinelli.
Bologna, però, si
difende sotto altri aspetti. Gli ausili tecnologici ne sono un
esempio. Si tratta di apparecchi che garantiscono l'autonomia di
persone con problemi motori e disabilità multiple. In Italia sono
26 i centri che forniscono consulenza gratuita sull'ausilio più
adatto a rendere la vita di queste persone meno difficile. L'Emilia
Romagna ne ha due, entrambi a Bologna, di cui solo uno pubblico: l'ausilioteca
di via Giorgione 10. "Un'esperienza fortunata che bisognerebbe
estendere, se solo ci fosse più convergenza tra le
istituzioni" ha detto il responsabile del centro, Claudio
Bitelli. Un'equipe di educatori, tecnici e riabilitatori studia,
caso per caso, i problemi di un centinaio di disabili all'anno e
mette a punto, per ognuno di loro, un programma individualizzato. Sensori che controllano l'ambiente circostante, giocattoli, tastiere
del computer speciali e altri strumenti per vivere come tutti gli
altri.
Rita Salimbeni
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