Tubercolosi, il ritorno di una
malattia dimenticata
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Sono più di tredici anni
che periodicamente monta il suo banchetto nelle vie principali di
Bologna. Che sia primavera o inverno, dispone in bella mostra i
volantini, i cartelloni con le sue denunce, e seduta lì,
instancabilmente, raccoglie sul grosso registro le firme di chi si
degna di fermarsi a parlare un po' con lei della difficile realtà
della Tbc.
Domenica Mafrica, 60 anni, è ammalata da quando era una
ragazza. Da quando a Reggio Calabria faceva l'infermiera per mettere
da parte i soldi necessari per trasferirsi a Bologna e laurearsi in
medicina. La malattia però la rendeva spossata e le troppe assenze
le costarono il posto di lavoro. Dal 1990, con la sua costante
presenza in via Ugo Bassi o in via Rizzoli, Domenica afferma di aver
raccolto: "praticamente 4.000 firme all'anno. E tutte da
sola", spiega orgogliosa. Ma per cosa? Lei, unica rappresentate
e (forse) unica associata del suo 'Gruppo per l'Informazione e la
Prevenzione della Tubercolosi' non vuole che la Tbc continui ad
essere ignoranta, che sia considerata solo una "malattia della
povera gente".
Dove abita lei, nel quartiere San Vitale,
Domenica è pronta a giurare che i malati di tisi, altro nome della
tubercolosi, siano almeno 100. Troppi? Di certo i dati dell'Uffico
statistico del Comune non sono rassicuranti. Durante tutti gli anni
Novanta, i casi denunciati di tubercolosi polmonare si attestavano
su una media di 70 infezioni all'anno. Ma a partire dal 1999 vi è
stato un incremento annuale di oltre 10 casi al di sopra della media
del decennio precedente. Il 2000 si è chiuso, infatti, con 82
infezioni da tubercolosi polmonare ed extrapolmonare accertati e
presi in carico dall'Azienda Usl di Bologna. Poi un calo nel 2001,
con "soli" 62 nuovi casi, ma di nuovo il balzo in avanti a
quota 80, nel corso del 2002. Il primo anno del nuovo millennio ha
registrato anche la morte di ben 4 pazienti, quando nel decennio
precedente i casi di decesso si limitavano a 1 o 2, al massimo, ogni
anno. L'anno scorso le persone morte sono state 5.
Le associazioni
per la tutela dei malati di tubercolosi, stando a quanto sostiene
Domenica Mafrica, a Bologna sono due. Ma non è facile mettersi in
contatto con loro e non sono reperibili sull'elenco telefonico. Una,
del resto, fa riferimento ai malati tubercolotici del periodo della
guerra. E anche questo è uno dei grossi problemi che Domenica
vorrebbe combattere: il silenzio e la vergogna. "Diverse mie
amiche - racconta - sono ammalate di tubercolosi, ma hanno paura di
dirlo. È difficile trovare ammalati di Tbc disposti ad ammetterlo.
La maggior parte sono anziani, cresciuti in un mondo in cui i malati
prima dei diritti vivevano la vergogna''. E poi ancora: ''C'è
troppa ignoranza intorno a questa malattia, che è contagiosa solo
nella sua fase acuta. Il governo dovrebbe sensibilizzare la gente e
aiutare di più chi convive con questo dramma''.
La tisi, dunque,
non è solo un ricordo romantico, quanto tragico, di un passato che
rivive spesso a teatro, nei melodrammi. Ma qualcosa che colpisce,
ancora migliaia di persone in tutta Italia e di cui, a volte, si
può morire.
È di poco più di un mese fa, il caso di una bambina
di 15 mesi, a Fiorano, nel modenese, che accusa i sintomi della
malattia. Le famiglie dei 70 bambini ospiti dell'asilo cedono al
panico. Solo dopo alcuni giorni si scopre che è la madre ad aver
infettato la bambina e che si sapeva già da almeno una settimana.
Ma il medico di base, che per legge avrebbe dovuto informare le
autorità sanitarie, dov'era? Questa primavera un altro caso in un
asilo, l'asilo ''Cappuccini'' di San Giovanni in Persiceto. Il
sospetto caso di tubercolosi fa intervenire immediatamente l'Ausl di
Bologna Nord che mette in campo il protocollo diagnostico
terapeutico. Le fasi dello screening, predisposto a scopo preventivo
per bloccare un'eventuale diffusione della malattia, è facoltativo
per i genitori dei bambini.
"Sono anni che la tubercolosi non
desta più la giusta preoccupazione nell'ambiente sanitario -
insiste Domenica -, ma sugli stipendi c'è ancora una trattenuta
sotto la voce Tbc. Io vorrei che il vaccino uscisse dai presidi
pneumotisioligici e diventasse più accessibile. Inoltre chiedo che
venga prodotto un altro vaccino, ormai in disuso, il Salvioli''. In
realtà questo vaccino, inventato dal padre dell'attuale assessore
alla Sanità e Ambiente del Comune di Bologna, Gian Paolo Salvioli,
è considerato dagli scienziati inutile. Ma la cosa più
interessante è che anche il vaccino attualmente utilizzato, quello
di Calmette-Guérin, non assicura la protezione nei confronti della
Tbc, per questo motivo è assai osteggiato da anni dagli studiosi
americani.
Dunque, le cifre parlano chiaro, il problema esiste. La
immigrazione e l'Aids favoriscono la diffusione della Tbc, e nel
caso di una epidemia il vaccino potrebbe rivelarsi inutile per gran
parte della popolazione. La ricerca nel campo non ottiene
finanziamenti. È bene non abbassare la guardia.
Massimiliano Jattoni |
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