Sanità, quando il paziente deve pazientare

 

Sanità pubblica o settore privato? Servizio sanitario nazionale o libera professione? Il cittadino che necessiti di visite ed esami specialistici può, in teoria, scegliere se pagare il ticket ed affidarsi a strutture statali o convenzionate, oppure, con una spesa che varia secondo la prestazione e dell’equipe che la fornisce, indirizzarsi verso quei medici che all’interno degli ospedali esercitano la libera professione. Questo in teoria, poiché nella pratica la scelta non è tra pubblico e privato, ma fra tempi di attesa che possono diventare interminabili e appuntamenti fissati nel giro di pochi giorni. Sempre che ci si possa permettere di pagare la differenza di prezzo.

Secondo gli standard temporali fissati dalla Regione Emilia Romagna, tempi d’attesa non dovrebbero superare i 30 giorni per le visite, 60 giorni per gli esami di diagnostica strumentale. Un accordo stipulato tra Governo e Regioni nel 2002, ha inoltre individuato sette prestazioni specialistiche di maggior interesse per le quali le Regioni si sono impegnate al rispetto degli standard indicati: ecodoppler, ecografia dell’addome, gastroscopia, risonanza magnetica della colonna, visita cardiologica, tac cerebrale e visita oculistica.

Per rispondere alle esigenze dei cittadini e guidarli nella giungla del sistema delle prenotazioni, il Cup di Bologna ha messo a disposizione un servizio on line grazie al quale, per la prestazione richiesta, si possono verificare i tempi d’attesa in ciascuna struttura. Basta una rapida consultazione di queste pagine web, per rendersi conto, ad esempio, di come sia divenuto quasi impossibile prenotare visite ed esami nei grandi ospedali della città, a meno che non si sia disposti a mettersi pazientemente in fila per mesi o a rivolgersi a quei medici che “intra moenia” (cioè all’interno delle strutture pubbliche, con tariffe calmierate dalle aziende ospedaliere) svolgono la libera professione. In questo caso si può ottenere un appuntamento anche in giornata.

Ma qual è la situazione per quelle sette prestazioni ritenute di maggior interesse per i cittadini? Prenotando mercoledì 26 maggio, i tempi d’attesa per un’ecografia addominale completa variano dai 47 giorni nelle strutture private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale ai 124 giorni del Maggiore, fino ai 126 del Sant’Orsola. Nella clinica universitaria di via Massarenti, però, rivolgendosi agli specialisti della libera professione l’esame può essere effettuato entro un massimo di cinque giorni. Un notevole risparmio di tempo, che si paga un euro sull’altro: se il ticket per questo tipo di analisi è fissato a 36,15 euro, le tariffe dei liberi professionisti si aggirano intorno ai 75 euro, con punte per alcuni medici di 110 euro. Una visita oculistica costa 18 euro al cittadino che si rivolge al servizio sanitario nazionale, almeno 77 euro a chi sceglie il privato nel pubblico. La disparità non è solo di prezzo: nel primo caso in città si devono attendere almeno 41 giorni per l’esame della vista. Pagando la differenza, si può fare la visita anche il giorno stesso. La situazione non è molto diversa per la visita cardiologia e l’ecodoppler.

Per contro, dalle parti del Cup, la situazione non sembra preoccupare. "I dati in nostro possesso – spiega il responsabile della “business unit” del Cup metropolitano di Bologna, Gregorio Lena – mostrano un andamento positivo, registrando notevoli diminuzioni nei tempi d’attesa per quanto riguarda il periodo che va dal 2002 al primo quadrimestre di quest’anno. Ad esempio, per una tac siamo passati da un’attesa di 50 giorni agli attuali 18 giorni mentre, per una visita oculistica, da 20 giorni siamo passati a tre giorni. Inoltre, per ottenere una visita cardiologica, basta un giorno. Le prestazioni chirurgiche e fisiatriche sono addirittura eseguite in giornata. I tempi, comunque, possono variare molto, a seconda della zona richiesta e i nostri dati si riferiscono sempre al tempo minimo rilevato".

"La libera professione crea una disuguaglianza palese quanto a tempi e costi – spiega il segretario della Camera del Lavoro Metropolitana di Bologna, Bruno Pizzica – tenuto conto che solo il 4-5% degli utenti sceglie la visita a pagamento. A questo si aggiunga che diverse agende risultano chiuse, non disponibili, per mancanza di posti". In quest’ultimo caso, o si aspetta che la lista riapra dopo aver smaltito il carico di prenotazioni in eccesso, o si è costretti a rivolgersi al privato.

"La libera professione all’interno della struttura ospedaliera è poco regolamentata – ammette Lena. – I prezzi delle prestazioni, ad esempio, sono sostanzialmente fissati dagli stessi medici. L’intra moenia resta tuttavia una buona cosa, perché consente di mantenere all’interno del Servizio sanitario pubblico medici affermati che, altrimenti, si rifugerebbero interamente nel privato. Questo, per altro, non va a discapito dell’offerta, né allunga i tempi d’attesa. Al contrario, è un modo per ottimizzare le risorse". Per quanto riguarda il problema delle agende esaurite, Lena ribatte che "si tratta solo di liste d’attesa che riguardano medici particolarmente richiesti. Il nostro compito è garantire comunque l’erogazione della prestazione, sebbene da un’altra parte".

Il Cup sta comunque cercando di espandere i canali d’accesso alle prenotazioni. A giugno saranno inaugurati dei "totem prenotativi", veri e propri sportelli informatici installati, in via sperimentale, all’interno di tre Ipercoop bolognesi: grazie a un apparato di telecamere a circuito chiuso, l’utente potrà interagire a distanza con l’operatore. E’ inoltre previsto, per il prossimo futuro, anche l’utilizzo dei telefoni cellulari, in modo da riuscire a informare tempestivamente gli utenti circa l’appuntamento.

Secondo la Cgil, il problema sta nella gestione delle agende degli appuntamenti. "Il Cup – continua Pizzica – gestisce solo il 60% degli appuntamenti. Il restante 40% è gestito direttamente dalle strutture ospedaliere per urgenze ed esami interni. Questa quota è esagerata. Abbiamo per questo approntato un gruppo di lavoro insieme ad Ausl e Provincia. Una delle nostre proposte riguarda proprio le liste d’attesa: chiediamo che passi per il Cup almeno l’80% delle disponibilità, in modo da smaltire le lunghe liste d’attesa. Gli ospedali Bellaria e Maggiore, in questo, si stanno comunque già adeguando, riducendo progressivamente la quota di appuntamenti da loro direttamente gestita. Il Sant’Orsola è invece ancora indietro, forse a causa della sua natura di policlinico universitario".

Tra le proposte messe sul tavolo dalla Cgil, c’è anche la possibilità di sospendere la libera professione, qual’ora la differenza di tempi con il Servizio sanitario nazionale fosse particolarmente marcata, nonché il rimborso del paziente, costretto a rivolgersi al privato nel caso i tempi d’attesa del servizio pubblico superino i parametri minimi fissati dalla Regione. "Il medico che svolge anche la libera professione – conclude Pizzica – dovrebbe comunque garantire lo stesso numero di prestazioni per il servizio pubblico. Questo, di fatto, non avviene".

 

   

Vania Vorcelli e Alessandro De Michele

 

 

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