“Tutti
noi siamo portati a descrivere la realtà attraverso delle storie,
dei racconti. I miti universitari nascono da questo,
dall’interazione tra le persone”.
Lorenzo Montali è un cacciatore di leggende metropolitane. Si
occupa di percezione pubblica della scienza e della tecnologia
presso il Dipartimento di psicologia dell’Università di Milano -
Bicocca. Tra i fondatori del Cicap, il Comitato italiano di
controllo delle affermazioni sul paranormale, di cui è stato
segretario nazionale fino al 1998, è oggi membro del direttivo.
Collabora con le riviste Focus e Scienza&Paranormale
in qualità di esperto di leggende urbane. Nel 2003 ha pubblicato un
libro: Leggende tecnologiche, edizioni Avverbi.
Dott.
Montali, come nascono le leggende metropolitane?
Nascono
in modo spontaneo. Sono una produzione di gruppo, non di singoli.
Raramente si riesce a rintracciare chi l’ha inventata (poiché
questa figura, di solito, non esiste) né quando questo è successo.
Inoltre, la vicenda si arricchisce sempre. Le leggende sono
produzioni collettive che poi diventano patrimonio dell’umanità.
Quello delle storie è infatti il modo normale in cui noi
raccontiamo le cose. Non solo ma costruiamo il racconto secondo i
gusti dell’interlocutore. Ad esempio, se parliamo di una serata in
discoteca, magari il fatto che abbiamo “rimorchiato” una ragazza
siamo più portati a raccontarlo a un amico piuttosto che alla
mamma.
Queste
leggende svolgono una particolare funzione sociale?
Certamente.
Servono al processo di socializzazione nel momento che si entra in
un terreno sociale nuovo, con nuove regole, nuovi protagonisti, ecc.
Questo è vero anche per le storie che circolano in ambiente
universitario: contattiamo chi c’è già stato e cerchiamo di
conoscere questa realtà nuova e sconosciuta. E spesso questo
avviene attraverso racconti più o meno veri.
Hanno
un fondo di verità o sono totalmente inventate?
Tutte
le nostre conoscenze nascono dall’interazione tra gli individui.
Anche leggere un libro, a ben vedere, è un momento di interazione
tra l’autore e il lettore. Per questo, le leggende molto spesso
partono da un fatto reale. Hanno sempre elementi di finzione ma
anche un fondo di verità. La leggenda è il risultato di una
trasformazione tra la realtà e come la gente ha capito questa realtà
e la racconta in un processo di interazione con altri individui.
Sono forme stereotipiche di rappresentazione di certi personaggi che
ricoprono certe situazioni.
Quelle
universitarie hanno una funzione particolare, caratteristiche
specifiche, ecc...?
Sì,
servono a darci l’idea di un ambiente che non conosciamo ma che ha
certe regole. Costruiamo storie che sintetizzano le immagini che già
abbiamo dell’ambiente universitario. Di solito, quindi, nelle
leggende metropolitane universitarie il professore è cattivo, dalla
bocciatura facile, mentre lo studente è furbo. Queste leggende
definiscono la realtà a partire da un certo oggetto.
Parte tutto dal fatto che noi siamo
abituati più a parlare per storie che per concetti astratti. Ad
esempio, quanto vale il 30 e lode? In realtà, è un giudizio che
non può essere quantificato in modo preciso. La lode non aumenta in
nessun modo il voto. Così la gente, per spiegarsi questa cosa
assurda, inventa delle leggende. Ecco allora che c’è chi dice che
equivale a 31, chi a 33 e così via.
Inoltre, queste leggende non solo
definiscono la realtà, ma anche l’identità di un gruppo, che
condivide una storia. L’esempio classico è il gruppo di amici che
ricordano le serate più curiose trascorse insieme. Storie che
servono a evidenziare un patrimonio di esperienze condiviso da
ognuno di loro. Su scala più ampia, questo avviene anche tra gli
studenti universitari in generale.
A
volte capita che la realtà supera la fantasia. Come si fa allora a
distinguere una leggenda metropolitana da un fatto insolito ma
realmente accaduto?
Le
leggende metropolitane hanno delle particolari caratteristiche. Ne
esistono differenti versioni, ci sono alcuni elementi e temi che si
ritrovano anche in storie completamente differenti (ad esempio, la
beffa finale dello studente ai danni del professore) e spesso si
tratta di racconti i cui protagonisti non sono in nessun modo
recuperabili. Inoltre, ci sono talvolta particolari che, a una
lettura più attenta, risultano particolarmente assurdi e
inverosimili.
Spesso
il confine tra leggende metropolitane e barzellette è molto
sottile. Oppure è solo una coincidenza?
No,
non è un caso. Molte leggende non sono altro che barzellette.
Barzellette, tuttavia, che sono spacciate e credute come vere. In
definitiva, è il contesto e le intenzioni di chi le racconta a fare
la differenza.
Si
può dire che le leggende metropolitane sono in qualche modo figlie
del tempo in cui sono prodotte?
Sicuro.
Se così non fosse, non sarebbero certo nate, e soprattutto non
sarebbero ritenute interessanti dagli ascoltatori, né degne di
essere raccontate. A ben vedere, le leggende metropolitane sono il
sintomo di un atteggiamento diffuso verso un certo oggetto. Sono
storie ritenute vere in quanto parlano di cose che l’ascoltatore
intimamente desidera sentire.
Alessandro
De Michele |