«Il
suo quartiere, una volta cuore rosso operaio della città, si era
trasformato in un suk arabo. La quieta, tradizionale alternanza di
case gialle e palazzi color mattone rendeva il contrasto ancora più
acuto. Gli immigrati avevano preso visibilmente possesso dell'unico bene a loro disposizione: lo spazio all'aperto, in mezzo al
dedalo di stradine intitolate ai pittori dell'età moderna»
da
“Color sangue” di Marco Bettini
Una se ne sta
immobile al riparo sotto i portici, protetta dalle porte medievali,
bonacciona e solare; l'altra scivola giù nei sotterranei, scorre
rapida lungo i canali, dilata in periferia, si perde all'orizzonte
verso la bassa. Bologna ha due facce e una rosa di giallisti che la
descrivono. Ha cominciato Loriano Macchiavelli, il cui poliziotto
Antonio Sarti si muove in una Bologna popolare anteriore al boom,
seguito da Lucarelli, Baldini, Danila Comastri Montanari, Pino
Cacucci, il sardo trapiantato Marcello Fois, il vigile urbano
Lorenzo Marzaduri, il poliziotto-pedagosista Maurizio Matrone e ora
Marco Bettini, giornalista del Resto del Carlino che ha respirato le
atmosfere della cronaca nera, e prima ancora il clima del Dams,
frequentato come studente universitario fra il 1978 e il 1983,
proprio l'anno in cui l'istituto fu sconvolto da tre delitti. Un
thriller che tiene inchiodato il lettore alle sue 328 pagine come
uno spettatore alla poltrona di un cinema, “Color sangue” di
Bettini, edito da Rizzoli, esplora i bassifondi di una città di
provincia che già dalle prime pagine non ha nulla di rassicurante.
È Bologna, ma potrebbe essere una qualsiasi città italiana
affollata di immigrati e di tensioni pronte ad esplodere, intrecci
di droga sfruttamento e prostituzione nascosti sotto un’apparente
normalità, dove in un mondo di diseredati un ragazzo arabo viene
trovato morto ammazzato alla periferia della città. «Mi sono
ispirato, fra gli altri – racconta Bettini - ai romanzi
d'appendice ottocenteschi. Soprattutto ai Miserabili di Victor Hugo
e ai Misteri di Parigi di Eugène Sue».
In libreria, sala
A a sinistra dopo la cassa, Bologna la nera affolla gli scaffali dei
romanzi gialli accanto ai grandi classici, si stringe alla Chicago
dei thriller americani, accosta cautamente la Parigi di Simenon.
Vicino a "Ombre sotto i portici" e "Almost
Blue", da una fila di romanzi ambientati in città sbucano
insospettabili giallisti nostrani, poliziotti in servizio, impiegati
part time, giornalisti prestati al noir.
«Con un discreto successo di vendite - precisa Luca, libraio del
centro - di gialli ambientati a Bologna ne vendiamo una decina a
settimana, a una clientela sempre più curiosa e informata, forse
grazie al successo televisivo di Lucarelli». Per certi aspetti, gli
amanti del noir bolognese assomigliano agli intenditori del bollito,
fanno puntatine rapide allo scaffale, si soffermano sulle copertine
nuove, si scambiano consigli e trame come fossero ricette.
Dispensano consigli ai neofiti, uno per tutti «è che si comincia
coi "Fiori alla memoria"», un cult di Loriano
Macchiavelli, «lo scrittore bolognese che ha rivelato il fascino
nero di Bologna, creando il personaggio del sergente Sarti Antonio,
uno dei più popolari poliziotti italiani»: Sergio, bancario al San
Paolo, imboscato in pausa pranzo in libreria, ha l'aria di uno che
ne sa. «Alla Bologna noir di Macchiavelli deve l'ispirazione Carlo
Lucarelli - spiega sicuro - che proprio in "Almost Blue" e
"Il giorno del lupo" rievoca l'atmosfera del maestro di
"Fiori alla memoria" e di "Ombre sotto i
portici"». Una Bologna fosca e contraddittoria. Una città con
due facce e tante anime, che sembra piccola ma è sconfinata, si
atteggia a placida ed è inquieta, appare semplice e invece è a
strati. Da camminare è tutta portici e piazze «ma
se ci vai sopra con un elicottero è verde per i cortili interni
delle case, e se ci vai sotto con una barca è piena di acqua e di
canali…freddo polare d'inverno e caldo tropicale d'estate. Comune
rosso e cooperative miliardarie. Quattro mafie diverse che invece di
spararsi addosso riciclano i soldi della droga di tutta Italia.
Tortellini e satanisti» ("Almost Blue"). Bologna
reticolo di trame e di ossessioni, senza identità precisa, né
confini netti, si stende su tutta l'Emilia, si confonde con Modena e
Rimini, dove la gente torna a casa a dormire o va in discoteca a
ballare «una città grande almeno tre ore» racconta la voce narrante, un
ragazzo cieco che conosce Bologna solo attraverso il suo scanner,
sintonizzandosi sul CB di un camion o sulla centrale operativa della
questura, tra voci gracchianti delle volanti che si susseguono «Siena Monza 51…Siena Monza 51…siamo in viale Filopanti, angolo via
Galliera e abbiamo qui una negra senza documenti». Un noir dei
"fuori sede", che si snoda tra piazza Roosvelt e via
Zamboni, sulle tracce di un serial killer che uccide studenti
universitari, entra nei loro appartamenti, va nei loro bar, gira in
taxi, finisce nelle stanze buie e fumose del Teatro Alternativo ad
ascoltare il sax.
Patrizia Usai
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