Bologna città a
rischio terrorismo? Secondo le "informazioni attendibili e
riservate" diffuse dai servizi segreti parrebbe di sì.
Non sono mancate
indagini, attività di prevenzione da parte delle forze dell’ordine,
qualche condanna a cittadini provenienti da Paesi a maggioranza
musulmana per reati associativi, due fermi nella provincia di
Bologna a seguito della maxiretata orchestrata dal ministro degli
Interni Giuseppe Pisanu. Operazioni che, come conferma il sostituto
procuratore del pool antiterrorismo bolognese Luca Tampieri,
"non hanno però portato a nessuna pista concreta".
Resta ancora senza
identità il presunto capocellula bolognese. L’accusa di sostenere
il terrorismo lanciata al Centro di cultura islamica An-Nur da Magdi
Allam è finita in querela. Mentre l’episodio della Peugeot bianca
piena di monete – circa quattromila euro raccolti in Moschea come
Zakat, offerte per i bisognosi – partita da Bologna e diretta alla
moschea milanese di viale Jenner, sembra per finanziare attività
terroristiche, è ora al vaglio degli inquirenti del pool dell’antiterrorismo
lombardo.
"Se ci fossero
stati dei reali sospetti – si scalda Nabil Bayoumi, direttore del
centro di cultura islamica An Nur – si sarebbero presentate le
autorità competenti. Invece nulla. Non abbiamo nulla da nascondere,
noi. Siamo i primi a voler collaborare".
"La zona
intorno alla moschea – conferma Tampieri – è controllata. Ma l’ipotesi
che si tratti di un centro di indottrinamento e di raccolta fondi
resta senza un riscontro oggettivo".
"Il vero
indottrinamento non avviene nei centri islamici ma nei ghetti dove
emarginazione e ignoranza alimentano la rabbia", si difende
Hamid Bichri, presidente dell’Associazione di solidarietà tra
marocchini, "e sono la rabbia e l’ingiustizia ad alimentare
il terrorismo, prima che uno scontro religioso e culturale che
spesso è solo una strumentalizzazione". Per
questo motivo da una parte è necessario, secondo un cittadino
algerino, che i centri e le associazioni si dichiarino, diventando
trasparenti e "tappando la bocca a ciarlatani che dicono
di parlare in nome dei musulmani creando solo dei falsi problemi:
dal velo alla croce nei luoghi pubblici, alla pausa per la preghiera
all’interno dell’orario lavorativo". Dall’altra occorre
che sia garantita la libertà di espressione culturale e l’integrazione.
L’attenzione
delle forze dell’ordine resta alta tuttavia intorno ai cosiddetti
"obiettivi sensibili". Presidiati l’università
statunitense Johns Hopkins e il Collegio di Spagna. Più di un anno
fa scattò l’allarme per l’affresco della Basilica di San
Petronio raffigurante il profeta in modo "non conforme alla
dignità prevista dall’Islam - ricorda il sostituto procuratore
– I quattro cittadini marocchini accusati di voler organizzare un
attentato contro la Basilica furono poi rilasciati".
"La polemica
nata circa quel dipinto – spiega Bayoumi – è solo una montatura
dovuta ad ignoranza. Per i musulmani le immagini non hanno un valore
sacro. Anzi, se un credente riconosce in quella figura Maometto,
commette un peccato".
Bologna però è
anche la stazione Centrale. Un obiettivo tristemente caro al
terrorismo. A fronte degli allarmi per la possibile presenza di
cellule organizzative nel capoluogo emiliano, la messa in sicurezza
dello snodo ferroviario bolognese non sembra però adeguata. Secondo
quanto raccontano fonti interne alla polizia, dei cani antiterrorismo
in possesso delle forze dell’ordine italiane nessuno è impiegato
nella stazione di Bologna. I segugi che pattugliano i binari e le
pensiline di attesa nelle giornate di allarme sono in realtà cani
antidroga, pare dislocati per rassicurare i passeggeri. Ma oltre ai
cani sembra che manchi anche personale esperto. Degli agenti che
hanno frequentato i corsi di formazione contro il rischio
terrorismo, nessuno sarebbe stato ancora impiegato nelle nuove
funzioni.
Francesca Buonfiglioli
Luca Rosini
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