Ogni tanto
tornano a ruggire. Quando i motori del circuito clandestino delle
corse sembrano essere stati definitivamente spenti dalle forze
dell’ordine, all’improvviso, invece, ostinati e pericolosi,
ricompaiono più vigorosi e più potenti di prima. Da un po’ di
tempo gli abitanti del quartiere Navile, una zona a ovest di
Bologna, appena fuori dalle mura,
dove le strade si allargano e si allungano e si perdono nella
periferia, appena cala la notte, sentono l’inconfondibile rombo
del motore, quando, compresso e maltrattato, urla in frenata e si
squarcia in accelerazione. «Soprattutto il fine settimana – dice
Mario, un omino di mezza età che abita in via Zanardi – quando è
tardi e non c’è traffico». «Sì sì – continua - sono i
ragazzi che vanno a fare le gare, qui lo sanno tutti, di tanto in
tanto vengono, non sempre però, perché sennò i poliziotti li
pigliano, è già successo». Infatti,
i piloti della notte adesso stanno attenti, ma non demordono: se
vengono cacciati da una parte, si ripresentano da un’altra. Anche
dopo mesi, e sempre di sera, preferibilmente il week end, giorni di
spasso per molti e di scommesse per alcuni. A Bologna come altrove.
Le strade del capoluogo emiliano sono state spesso teatro di corse
scellerate lungo i rettilinei bui e defilati della periferia
abbandonata, dove, tra
vere e proprie folle di giovani entusiasti e sempre più annoiati,
ragazzi e ragazze si sono sfidati a bordo di veri e propri bolidi da
corsa. Un bel divertimento che ha lasciato sul cemento anche qualche
vittima. Nel notte tra il 5 e il 6 maggio del 2000, nella zona del
Pilastro, nel quartiere San Donato, durante una di queste gare una
ragazza poco più che ventenne perse la vita. Erica Conficconi, di
Ravenna per il venerdì sera aveva scelto di andare con gli amici a
vedere le macchine correre sulla strada, un diversivo alla discoteca
o ai soliti pub, ma è stata investita da una Bmw risultata poi
rubata che a quasi 100 all’ora perse il controllo su una rotonda e
la centrò in pieno. Lei morì sul colpo, altre 15 persone vennero
portate all’ospedale in condizioni critiche.
Dopo di allora,
polizia, carabinieri e vigili urbani si fecero più attenti e
presidiarono con più meticolosità il territorio, ma l’amore per
il rischio e l’alta velocità si sono fatti intimidire, ma non
sconfiggere: i giovani appassionati delle corse hanno lasciato i
mezzi in garage per un po’ e poi si sono dati appuntamento da
un’altra parte. A Castel San Pietro, appena fuori Bologna, in una
serata mite di inizio settembre di qualche anno fa, nella zona
industriale lungo un rettilineo lungo 700 metri, i vigili urbani ci
trovarono circa 600 persone, tutti giovani tra i 20 e i 25 anni, e
quasi 80 automobili pronte a scendere in pista. C’era pure il
furgoncino con le birre e le piadine. Alcuni bolidi sequestrati
risultarono pesantemente truccati,
anche con il ricercatissimo kit Nos, un dispositivo al
protossido d’azoto che in fase di accelerazione dà alla vettura
una spinta davvero supersonica. E non a caso, viene utilizzato anche
per la propulsione dei razzi. In quella circostanza vennero
denunciate un centinaio di persone e sequestrate altrettante
automobili. Ma non fu sufficiente. Il circo delle gare clandestine
si spostò di nuovo, in un’altra zona, ad Argelato, nella bassa,
in un luogo che nelle
ore notturne deve essere sembrato davvero irraggiungibile e ideale
per sfogare i cavalli dei potenti motori. Ma le forze dell’ordine
arrivarono pure là e le gare durarono poco. I giovani si spostarono
allora verso il capoluogo, in zona Roveri, lungo un tratto di strada
che scorre parallelo alla ferrovia. Ma anche lì, inaspettate,
arrivarono le sirene della polizia. Per gli amanti del brivido
sull’asfalto sembrava davvero finita, ma è di solo qualche mese
fa l’ultimo blitz di polizia e carabinieri: nel parcheggio del
centro commerciale Lame, poco fuori dalle mura del centro storico,
sono stati intercettati circa un centinaio di giovani con una
quarantina di autovetture di grossa cilindrata pronte ad andare a
sfidarsi in periferia, questa volta nel quartiere Navile, lungo via
Cristoforo Colombo o via Marco Polo. Proprio le strade da dove, di
tanto in tanto, continuano ad arrivare i rombi rabbiosi dei motori.
Che non vogliono morire. «Io ci vado – dice Michela, una ragazza
di 26 anni – e mi diverto un sacco. Mi piacciono le macchine, mi
piace l’atmosfera di illegalità, un modo di passare una serata
diversa dal solito. L’alternativa è il bar, ma stare seduti delle
ore a un tavolo a chiacchierare è a volte una gran noia, come
noiosa è la discoteca. Buio e musica a palla». Dove sarà il
prossimo raduno però non lo vuole dire «A parte che non lo so –
continua –
e in genere sono degli amici che mi chiedono se voglio andare
e me lo dicono la sera stessa. Una precauzione in più, per non
rischiare con la polizia». E per quanto riguarda la paura di
incidenti dice «Bhe, io mica sto lì sul ciglio della strada vero?
E comunque, al limite, quelli che rischiano sono i ragazzi che
corrono, mica io, e poi una gara con qualche incidente è anche
meglio, basta che non si faccia male nessuno».
Marzio Perbellini
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