Come
giri lo sguardo, al centro e lungo i viali, l’occhio non sfugge ai
pannelli, sfondo bianco e banda rossa, con la scritta www.sergiocofferati.it.
Di lato, il volto di tre quarti del ex sindacalista barbuto che
guarda l’orizzonte e annuncia in pillole il suo progetto per la
Bologna del futuro.
"Da Bologna (che si ferma) a
Bologna (che decolla)". "Da Bologna (promessa) a
Bologna (promossa)". Sono solo due dei motti a cui Cofferati ha
affidato le chances della scalata a Palazzo D’Accursio.
La scritta blu scura colpisce. Ma funziona? Arriva il messaggio del
candidato che vuole il voto della città?
«Non ho capito nulla- dice secca la signora Luisa, mentre aspetta
la figlia al lato della strada - Per me che ho fatto solo la terza
media è davvero incomprensibile». Quattro ragazze, intorno ai
trenta, rientrano in ufficio dopo la pausa pranzo. «Ho i visto i
cartelloni, ma non li ho letti» esordisce una. «Io invece li ho
notati, ma non mi dicono niente» ribatte l’amica. Gianluca,
barista ventunenne, serve un caffè e sorride: «Ci vorrebbe un
filosofo per capire quello che c’è scritto». Per molti gli
slogan sono di difficile interpretazione, per altri comprensibili,
ma non molto efficaci. «Vuole fare decollare la città, no? Mi
sembra abbastanza chiaro» risponde Rossano, edicolante in via
Mattei, affacciandosi da una selva di riviste e quotidiani. «Da
Bologna io a Bologna noi? – corruga la fronte un giovane, occhiali
da sole e giubbotto nero senza maniche - Ma se è qui solo da sei
mesi».
Il
lavoro dei copywriter della scuola milanese di Emanuele Pirella
sembra uscire con le ossa rotte da un rapido giro tra i bolognesi.
Nessuno ha apprezzato la fatica fatta e colto il messaggio? «Troppo
intellettuale» sentenzia Valerio, 45 anni, giornalista. E chi
condivide gli slogan se la prende con la foto. È Franco,
cinquantenne, grafico. Un esperto. La sua analisi è da
professionista del settore. «Lo slogan è incisivo ed essenziale,
anche se le parentesi confondono un po’ chi legge. Ma il primo
piano non mi piace: un culto della persona che non condivido». Una
critica che trovi anche là dove non ti aspetti. Il forum del sito
internet del Cinese. Tra un “Bravo Sergio”, un “Grande
leader” e un “Voterò per te,” c’è anche chi esce dal coro:
«I
manifesti mi sembrano farraginosi, troppo scritti e non immediati.
Con tutte quelle parentesi non si capisce bene, bisogna leggere due
volte». L’e-mail di Roberto, entusiasta per la campagna mediatica
by Cofferati, è indicativa: «Mi congratulo per i manifesti, non mi
hanno colpito ma rileggendoli fanno riflettere e più li leggi più
li capisci». Come a dire: il messaggio c’è, ma non arriva subito
a destinazione. Il dibattito on-line si vivacizza presto sulla foto
del candidato. Qualcuno azzarda dire che una bella foto di Cofferati
a colori vivi e senza occhiali starebbe meglio, perché, dice,
quella sui manifesti è «troppo piccola e dall’espressione triste»:
«sembra uno che se ne sta andando».
Immediati i cyber-fischi che si schierano nel partito del no ai
faccioni
elettorali. Un messaggio, firmato Ag, riassume il concetto:
«Sì certo, un bel faccione come quello di Berlusconi…ma dobbiamo
proprio rassegnarci a fare come tutti gli altri politici?».
Andrea Fontana
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