Majani: dal cremino a Cofferati

Appoggia Sergio Cofferati alla poltrona di sindaco di Bologna. Senza se e senza ma. Anna Majani, classe ’36, è l’erede della storica dinastia di cioccolatieri bolognesi, quelli del celeberrimo cremino Fiat. Eletta consigliere regionale nel gruppo della Margherita, la signora Majani non ha dubbi sul da farsi: la città si deve aprire all’esterno. Nessun dubbio neanche sulle imminenti elezioni comunali: Cofferati è il candidato ideale.

Signora Majani, che rapporto ha con la città?

Non ho mai pensato di poter andar via da Bologna, siamo stati sempre qui. Con mio figlio Francesco, attuale amministratore delegato dell'azienda di famiglia, siamo arrivati all’ottava generazione. Il primo negozio l’abbiamo aperto nel 1796. Era un “laboratorio di cose dolci”, in Vicolo Colombina, dietro San Petronio. Nel 1833 ci siamo spostati di qualche centinaio di metri, in Via de’ Carbonesi, dove siamo sempre rimasti. Solo negli anni Ottanta abbiamo spostato la produzione in provincia, nella zona industriale di Crespellano.

Qual è il prodotto più famoso?

La cioccolata scorza, inventata all’inizio dell’Ottocento. È stata la prima venduta in forma solida in Italia. Fino ad allora il cacao si serviva solo in tazza. Lo racconta il mio avo Francesco nel suo diario Cose accadute nel tempo di mia vita, pubblicato lo scorso settembre da  Marsilio. I miei antenati avevano una mentalità aperta e viaggiavano. Nel 1856 Giuseppe Majani chiese il passaporto dello Stato Pontificio, un lenzuolo di carta, e andò a Torino per comprare una “locomobile a carbone”, una macchina a vapore per meccanizzare la produzione. Uno shock per i bolognesi dell’epoca.

Il marchio Fiat sui cremini si riferisce alle auto?

Sì, alla casa torinese. Nel 1911 la Fiat aveva bandito un concorso per pubblicizzare le automobili. Voleva regalare una scatola di “bonbon Fiat”  a ogni acquirente della Tipo 4. Il mio bisnonno Aldo inventò allora il cremino, e la macchina per tagliare la cioccolata, subito brevettata. Un gran successo. Sulla cartina c’è ancora il marchio originale della casa torinese. Due anni dopo Aldo Majani chiese se poteva commercializzare il cioccolatino, e la Fiat, che aveva bisogno di pubblicità, diede il permesso.

Cosa è successo dopo?

La prima guerra mondiale è passata senza troppi danni, ma durante la seconda il negozio è stato requisito, prima dai tedeschi e poi dagli americani. Nel ‘46 è stato tolto lo stemma sabaudo dalle confezioni. In seguito il marchio non è cambiato molto. Nel ‘52 mio padre ha venduto la nostra palazzina liberty in via Indipendenza. Era uno splendido caffè, venivano i migliori nomi del mondo dello spettacolo. Lo frequentavano anche Totò, Macario e Renato Rascel. Ma mio padre pensava che su una femmina non c’era da fare da affidamento. E invece…

Da quanti anni si occupa dell’impresa di famiglia?

Da sempre. Ma mi occupo anche di politica: sono consigliere regionale per la Margherita.

Cosa pensa della candidatura di Cofferati?

Una battaglia che speriamo di vincere. L’ho conosciuto personalmente e mi ha fatto un’ottima impressione. Ha le idee chiare, è una persona preparata, di alto livello. Un professionista della politica, in senso buono.

E la questione della bolognesità? Cofferati è di Cremona.

La destra non sa a cosa altro appigliarsi per criticarlo. Ma è una cosa ridicola, l’importante è saper governare bene. Come Renato Zangheri, ottimo sindaco negli anni Settanta: era di Rimini.

Cosa chiederebbe al futuro sindaco?

I bolognesi sono dei gran lavoratori, onesti e cordiali. Con un difetto: nella loro testa pensano “Si è sempre fatto così, e non c’è bisogno di cambiare”. Invece la città ha bisogno di aprirsi, di stabilire più collegamenti con l’esterno, anche rapporti internazionali. Ma Bologna ha molte risorse, in termini di imprese e di genialità italiana.

Quali sono i suoi programmi per il futuro?

Vorrei far esporre nel Museo del patrimonio industriale alcune antiche macchine usate per la produzione. Me ne occuperò alla scadenza del mio incarico politico. Per ora non ho molto tempo a disposizione: neanche per andare a teatro, la mia grande passione.

Claudia Grisanti

 

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