Bologna Rugby, i prigionieri della serie B 

 

In Italia sono stati tra i primi a giocare a rugby, per questo oggi il Bologna, fondato il 26 aprile 1928 e prima società nel paese iscritta alla Federazione Italiana Rugby, sta cercando - e, fanno notare i giocatori, i risultati ci sono - di riguadagnarsi un posto di tutto rispetto in serie A.

Vincere nel proprio girone di B, dove attualmente è seconda in classifica e dove non si trova per demerito ma per mancanza di un impianto sportivo che risponda ai requisiti richiesti dal regolamento della seria A, porterebbe la squadra a disputare il prossimo campionato nella serie maggiore.

Una volta in A, assicura il vicepresidente Salvatore Di Donato, atleti e dirigenti non si accontenteranno e correranno verso una meta più ambiziosa: la qualificazione per il super 10, il campionato d'élite dove il Bologna ha giocato per il momento una sola stagione. 

Dal luglio del 2000, il presidente della società è Carlo Zaccanti, imprenditore che ha trasformato l'allora A. S. Bologna Rugby in una società di capitali, appunto il Bologna Rugby 1928 S.r.l.. E' proprio il primo campionato giocato sotto la sua presidenza, la stagione 2000-2001, quello che ha portato il passaggio dalla serie A al super 10.

Oggi però la squadra si trova a fare i conti con una contraddizione: avere le capacità di competere ad alti livelli ma non disporre delle strutture che permettano l'iscrizione al campionato di maggiore livello. Al momento il Bologna gioca le proprie partite in casa all'antistadio, vicino al Dall'Ara, ma non è un campo attrezzato come stabilisce il regolamento della serie A. Nel 2002-2003, la società, poiché non poteva più utilizzare lo stadio Arcoveggio a Castelmaggiore, dove fino a quel momento aveva giocato, per poter gareggiare in serie A ha stretto un accordo con il CUS di Ferrara. 

Dopo un anno fuori casa, per la stagione 2003-2004 la squadra ha deciso di tornare a Bologna, ma ancora in mancanza di uno stadio adeguato, ha lasciato a Ferrara il titolo di serie A. E' quindi ripartita dalla B, sperando che, con la promozione, arrivi anche la disponibilità dell'Arcoveggio. Almeno fino a che non si realizzerà il progetto della Cittadella del Rugby, un sogno che a Bologna amministratori e sportivi raccontano dal 1957.


LA CITTADELLA DEL RUGBY


"Quello che serve al Bologna Rugby - dice il vicepresidente Di Donato- è una vera struttura che permetta di restare in serie A e di far crescere nuovi talenti in loco". Per questo la società aspetta con ansia di partecipare alla gara, quando il comune pubblicherà il bando di concessione di costruzione e gestione di un impianto sportivo per il rugby. 

La cosiddetta Cittadella del Rugby quindi, come spiega Emanuela Rinalducci, dirigente del settore Sport del comune di Bologna, non è stata accantonata, non è un progetto finito nel dimenticatoio, infatti il piano particolareggiato la prevede, nella zona del quartiere San Vitale. 

La squadra si allena 5 volte la settimana. Di sera, naturalmente dopo il lavoro. E' uno sport che richiede un continuo potenziamento della massa muscolare, per questo 3 allenamenti vengono fatti in palestra e solo due sul campo, alla Barca. "Sarebbe bello se potessimo allenarci sempre nello stesso posto, avere un centro in cui preparare tutte le squadre della società, un centro con una club house, dove si possano ospitare gli avversari anche per il terzo tempo (il tradizionale momento gioviale del dopo partita che le squadre trascorrono insieme n.d.r. )".

GIOCATORI AVVOCATI E FALEGNAMI

"Sono alto un metro e 72 centimetri e peso 100 chili, quale altro sport avrei potuto fare?". Capelli rasati, viso rotondo, Juan Cruz, detto Pastel, argentino di 27 anni, gioca da pilone destro, un ruolo che richiede forza fisica e naturalmente una struttura possente. Da quanti anni giochi? Come hai iniziato? Lui sorride cercando il consenso e la simpatia dei compagni che siedono attorno al tavolo del bar del centro sportivo E-motion e avanza una richiesta: "Ne parliamo a cena?". Lui, di Buenos Aires, è un avvocato e nel suo paese, oltre a giocare, lavorava in uno studio legale. Da un anno, al Bologna, è uno degli stranieri. 

Più riservato e delicato, Luigi Magliarella, altro pilone della squadra, ha invece solo 19 anni, l'età minima per questo ruolo, come spiega De Maiti, già preparatore atletico nel mondo del calcio, in società come il Napoli e il Bologna. "Il regolamento impone, a tutela degli atleti, che in quella posizione possa giocare solo chi ha un fisico già adulto". Difficile guardando il giocatore pensare che il suo fisico solo un anno fa non fosse ancora adulto. Luigi, calabrese di origini, fa il falegname e pratica il rugby da quando aveva 15 anni. Moro, occhi grandi, spiega paziente che prima giocava a Pieve di Cento e che adesso è fermo da 4 mesi per un problema alla schiena. "Nel rugby - dice De Maiti - gli infortuni sono meno frequenti di quanto si pensi, è molto più facile farsi male giocando a calcio. Solo che quando capita in questo sport, la lesione è molto seria". 

Due metri, 93 chili, 26 anni e da settembre una fede al dito. Marco Pasin, di Treviso, gioca in seconda linea. Fuori dal campo lavora in banca e gli mancano quattro esami per laurearsi in statistica. Michele Ronchi invece, 23enne giardiniere, gioca in terza linea e quando scende in campo deve togliere dal lobo uno spillone di cinque centimetri che normalmente sfoggia con la stessa naturalezza con cui una signora porterebbe un orecchino di perla. 

Se ne farà poi finalmente una ragione Cofferati: la "bolognesità" non è un requisito richiesto solo al candidato sindaco. Anche tra i giocatori di rugby c'è chi sottolinea, aspettando un cenno di consenso, uno sguardo stupito, un sospiro di sollievo da parte del visitatore, "lui è un bolognese doc". Federico Testoni, 34 anni, gioca da ala e tiene a ribadire: "Io sono bolognese". Prima e dopo lo sport lavora, come tutti d'altronde, perché nel rugby, in serie B, i guadagni non permettono certo di vivere di solo agonismo. "Normalmente i giocatori hanno un rimborso spese, non uno stipendio - dice Marco Minardi, 41 anni, allenatore e giocatore -. Prendono invece un fisso tra i 1000 e i 1500 euro, più l'alloggio, gli stranieri". Quelli, come dice il vicepresidente, ingaggiati per vincere.


NUOVI TALENTI

Marco Minardi, oltre che un compagno e un maestro, è anche la memoria storica della squadra. Lui, che al Bologna gioca da trent'anni, la passione per la palla ovale, l'ha ereditata dal padre, un insegnante di educazione fisica nell'unica scuola del Bolognese ad avere un campo da rugby, l'istituto agrario di Corticella. Tra i propri scolari lui reclutava giovani talenti, e anche oggi il Bologna fa quel che può per promuovere la disciplina all'interno degli istituti della zona. 

Una volta in accordo con il comune, oggi di propria iniziativa, la società prende accordi con le scuole e gli insegnanti per incontrare i ragazzi e raccontargli la passione per uno sport "galantuomo, dove l'amicizia e la correttezza contano dentro al campo e fuori". 

Le squadre giovanili del Bologna Rugby Srl sono quattro: le under 12, 14, 16 e 18. I giocatori sono in numero appena sufficiente per disputare le partite, e, dicono i colleghi più grandi, non si corre mai il rischio che qualcuno non giochi. "Poi, i ragazzi, bisogna coccolarli, stare molto attenti a non sbagliare con loro, perché perderne alcuni sarebbe un grave rischio per la sopravvivenza delle squadre". 

Trasmettere la passione alle nuove leve non dovrebbe però essere difficile per loro. Sentirli parlare di come vivono la partita e di come contino i rapporti umani nel rugby mette voglia di saperne sempre di più e di partecipare a loro sport. La tradizione del terzo tempo poi non fa che confermare la nobiltà del gioco sul campo. Una volta 9 giocatori di Rovigo, dopo essere rientrati da Bologna sconfitti con il pullman della società, sono poi tornati sotto le due torri con le proprie auto per stare in allegria con degli avversari amici. Amici come tutti gli avversari nel rugby.

 

Federica Pezzali

 

 

 

 

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