“No, mi
dispiace, è a Berlino”. Non è facile trovarli in sede. I
galleristi sono spesso in giro per il mondo chiamati dal profumo
dell’arte, a scovare nuovi talenti o pascersi dei vecchi maestri.
E in cerca di affari. “Una doppia veste: – dice Paolo Nanni,
titolare dell’omonima galleria di arte moderna e contemporanea di
Bologna – il mercante che vuol vendere un’opera storica e il
gallerista che fa crescere artisti giovanissimi”.
Bologna sembra
avere una particolare vocazione proprio per questo: individuare i
nomi nuovi e investire su di loro con presentazioni, esposizioni,
cataloghi. Offrendo una varietà notevole di proposte: oltre trenta
gallerie con arte a 360 gradi, dal classico al moderno al
contemporaneo, dal figurativo all’astratto, dagli artisti
americani al Novecento italiano, dalla pittura alla scultura alla
fotografia. Paolo Nanni, pioniere, che ha aperto la sua galleria in
Santo Stefano nel 1954, sa cogliere lo svolgere storico
dell’attività bolognese: “Dagli anni ’70 a oggi le
gallerie private sono diventate un buon numero, e di qualità, ai
livelli di Torino, dopo Roma e Milano”.
Tra le varie
gallerie c’è anche una valida collaborazione. Ventuno di esse
sono iscritte alla Ascom; di queste, tredici sono spesso unite in
manifestazioni culturali per la città: in occasione di Arte Fiera,
a cui quasi tutte partecipavano, hanno organizzato “A fior di
pelle”, un tour dell’arte nelle diverse gallerie coronato da
dibattiti con Stefano Bonaga e Philippe Daverio. “Il gruppo delle
tredici – dice Silvio Forciano, segretario Ascom – si è mosso
insieme anche a novembre, per “Arte a Bologna. Città d’arte”,
appuntamento ormai tradizionale che riunisce le gallerie della città
per un’inaugurazione comune. Ed ora collaborano con il teatro
comunale, organizzando mostre in occasione delle prime. Una fervida
attività supportata dalla collaborazione centrale della Gam”.
L’associazione
delle tredici gallerie comprende Galleria Arte e Arte, L’Ariete
Astorre, Cinquantasei, De’ Foscherari, Forni, Stefano Forni,
Maggiore, Marescalchi, Paolo Nanni, Otto Gallery, Studio G7,
Trimarchi Arte Moderna; per aderirvi occorrono alcuni requisiti,
come avere un’attività da almeno due anni. “Come garanzie
minime: - precisa Forciano - capita spesso che gallerie aprano e non
riescano a consolidarsi, chiudendo poco dopo”.
Consolidata nel
territorio, invece, attiva sin dal 1967, è la Galleria Forni,
specializzata nel figurativo: “Dopo la crisi degli anni ’90, ora
Bologna è in buon fermento; – dice la titolare Paola Forni –
lavoriamo con pubblico nazionale e internazionale, oltre a
cinque-sei collezionisti affezionati locali. Bologna, a differenza
di altre città, sa anche porsi come talent-scout per artisti
emergenti. Firenze, benché città d’arte, non ha gallerie del
nostro tipo e non segue il lancio dell’artista”.
Conferma la
passione per i nuovi estri anche Ginevra Grigolo, dello Studio G7,
aperto nel ’73 e per anni presente alle fiere di Basilea, Colonia,
Madrid, Dussendolf: “Ora mi sono fermata, solo Arte Fiera. Alcuni
artisti sono cresciuti con me; tratto opere abbastanza avanzate, che
suscitano interesse locale e soprattutto di collezionisti da fuori.
Pur essendo un mercato un po’ saturo, Bologna ha il pregio di
essere aperta alle ultime tendenze e ai giovani”.
Un panorama
artistico più movimentato rispetto a città di simili dimensioni
come Firenze o Genova. “C’è più vivacità; – dichiarano alla
Galleria L’Ariete, nel ventennale della sua apertura – il fatto
di essere città universitaria genera manifestazioni capaci di
attirare pubblico di ogni età”. E la presenza dell’istituto
Dams è magnete di artisti in erba e aspiranti tali.
Arte Fiera,
sicuramente, il più forte contributo a puntare i riflettori sulle
gallerie felsinee. “Nei giorni antecedenti c’è una stasi di
pubblico: l’attesa che porta alla grande affluenza in fiera”
dicono alla Galleria Astorre.
“Per il
contemporaneo, subito dopo Milano ci sono Torino, Napoli e
Bologna” dice Daniela Facchinato, titolare dell’omonima galleria
di fotografia. “A parte la galleria Biagiotti, Firenze è molto più
legata all’arte del passato. La fotografia, dopo il boom degli
anni passati, sta vivendo un ridimensionamento, positivo perché
permette una selezione di qualità”.
Ma mentre si
parla della propositività della città dei portici e del
mecenatismo verso i giovani, nello studio della Galleria Paolo Nanni
freme un limpido sguardo di disapprovazione. Alessia De Montis,
fotografa ventisettenne, scuote la testa: “Ognuno deve essere
manager di se stesso. A Bologna, e in tutta Italia, non esistono
talent-scout, semmai solo occasionali, che si muovono laddove
fiutano il business”. Seduta vicino a lei, Linn Espinosa, pittrice
anche lei ventisettenne, in un sorriso approva.
Simona
Santoni
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