Bancomat e carte di credito a rischio clonazione 
 

Infilare il bancomat nella fessura del distributore di soldi è un gesto che mette sempre un po’ di apprensione: si insinua la paura di venire avvicinati da qualche malintenzionato e essere derubati. Ma non si teme mai che in un’operazione così privata, schiacciati contro lo schermo e con la testa che si volta a destra e a sinistra, si possa essere raggirati nel più semplice e insidioso dei modi. Niente botta sulla zucca o coltello nella schiena, ma semplice tecnologia. Quella che avanza a passi da gigante e che rende i dispositivi elettronici, una volta prerogativa esclusiva di facoltosi specialisti, dei formidabili strumenti oggi alla portata di tutti.

Per clonare un bancomat di un ignaro cliente che si appresta a prelevare da uno sportello bastano infatti poche cose: un lettore di banda magnetica, una microtelecamera, un computer e un po’ di pratica. Pochi giorni fa, sul bancomat della filiale Carisbo di via Amendola 4, tutti questi elementi sono stati messi in atto: sullo slit dove si infila la tessera è stato applicata una minuscola mascherina di plastica nera, il lettore di banda magnetica. Sopra il tastierino numerico dove si digita il pin, invece, a modo di cornice, è stato inserito una barra di plastica grigia con una minuscola telecamera incorporata. Il primo registrava i dati delle schede che venivano infilate, la seconda spiava il codice segreto che veniva digitato sulla tastiera. Informazioni che poi venivano trasmesse a un computer sul quale un apposito software incrociava i dati e li rielaborava. Rendendo possibile poi di poter caricare tessere vergini con le informazioni dei bancomat copiati, clonandoli appunto. E poter andare tranquillamente a prelevare.

Una bella trovata, che potrebbe fruttare un sacco di soldi. E che dall’inizio dell’anno ha interessato diverse banche in tutta Italia. A Bologna, a distanza solo di qualche mese, due volte e sempre nella stessa filiale, quella della Carisbo di via Amendola. Due settimana fa l’ultima volta. Il direttore, Massimo Lanzarini, dice che per difendersi ha chiesto ai suoi dipendenti di controllare all’entrata e all’uscita dal lavoro il distributore di soldi. Una disposizione aziendale che ha funzionato, perché proprio uno degli impiegati ha riconosciuto la mascherina nera appiccicata sul pannello e ha dato l’allarme. Bloccate tutte le carte e avvisata la polizia che ora con una speciale task force sta indagando. Gli investigatori informatici della polizia postale di Bologna conoscono bene la tecnica usata, nonostante sia di ultima generazione: «Una volta per clonare le tessere erano costretti a incollare un pannello in compensato identico al bancomat sopra a quello vero. E così riuscivano a impossessarsi delle informazioni delle carte. Oggi la tecnologia è avanzata e gli strumenti si sono rimpiccioliti». E semplificati. «Non è necessario essere geni o  programmatori – continua uno degli ispettori – per i profani forse può apparire un lavoro da pirati informatici, ma in realtà basta andare in un’azienda che produce carte magnetiche e acquistare tutto il materiale, poi un po’ di pratica e il gioco è fatto». Nessuna garanzia? «Con carte nuove cambierebbe tutto. In pratica utilizzare un microchip al posto della banda magnetica, tipo la simcard dei cellulari. Anche qui la clonazione è possibile, ma per farlo bisogna fisicamente possedere l’originale ».

L’Abi, l’associazione italiana banche, sta preparando il terreno perché entro il 2005 il microchip sostituisca la banda magnetica, così come richiesto dai circuiti internazionali Visa e Mastercard, che oltre a quella data non risponderanno più di frode per clonazione di banda magnetica. Una sfida davvero difficile: non solo dovranno cambiare carte bancomat e carte di credito, ma dovranno anche essere sostituiti tutti i lettori Pos e terminali Atm di tutta Italia. Un costo, che secondo le previsioni dell’Abi, si aggirerebbe attorno ai 500 milioni di euro. Aspettando il microchip, meglio fare attenzione alle fessure dei bancomat, senza perdere tempo a guardare chi ci passeggia vicino, il pericolo potrebbe essere a pochi centimetri: una semplice e apparentemente innocua mascherina nera.

Marzio Perbellini

 

 

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