Si chiama "stent
medicato" o "a rilascio di farmaco" ed è l'ultima
innovazione tecnologica per i cardiopatici che soffrono di stenosi
(chiusura) dell'arteria coronarica. Gli stent medicati sono stati
adottati dall'Assessorato alla Sanità dell'Emilia-Romagna in tutti
i centri di cardiochirurgia della regione, per il 20% degli
interventi di angioplastica coronarica. «Una sperimentazione che ha
suscitato l'interesse del ministro Sirchia - spiega l'assessore
regionale Giovanni Bissoni - il quale sta valutando l'opportunità
di estenderla a livello nazionale».
Gli "stent"
sono dei filamenti sottilissimi che fanno da impalcatura
all'arteria, per tenerla distesa dopo che è stata dilatata. Fino a
due anni fa, c'erano solo gli stent di metallo; nell'aprile del 2002
sono comparsi sul mercato gli stent a rilascio di farmaco, che
riducono il rischio di recidiva, ossia che, dopo l'intervento di
vascolarizzazione con gli stent tradizonali, l'arteria coronarica si
richiuda e ci sia bisogno di un nuovo intervento a distanza di pochi
mesi.
Per studiarne
l'efficacia in Emilia-Romagna è stato creato il "Registro
regionale angioplastiche coronariche", in cui tra il 1 luglio
2002 e il 30 giugno 2003 sono stati inseriti 6.275 pazienti.
Su 4.237 casi analizzati (872 trattati con stent medicato e
3.365 con stent metallico), si è visto come lo stent medicato nei
pazienti con lesioni gravi riduca il rischio di recidiva del 44%.
Lo
stent medicato costa 2300 euro contro i 600 euro dello stent
metallico, ma riducendo il rischio di recidiva, evita molti
interventi di rivascolarizzazione. «Una scelta equilibrata -
precisa l'assessore - estesa a tutte le strutture sia pubbliche che
private, ma solo per i pazienti indicati dalla Commissione
cardiologica cardiochirurgica regionale, ovvero quelli affetti da
lesioni gravi, ad alto rischio di "ristenosi"».
Patrizia Usai
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