Ordinati
sugli alti scaffali della sala deposito delle urne cinerarie del
cimitero della Certosa, attendono. Attendono che una legge consenta
ai loro familiari di affidare alla natura quel che rimane delle loro
spoglie mortali. Sono quattrocentoventicinque i bolognesi che nelle
loro ultime volontà hanno espresso il desiderio che le loro ceneri
vengano disperse. Tra loro qualche vecchio partigiano che sognava di
poter tornare per sempre in montagna, dove ha trascorso i giorni più
belli e difficili della sua gioventù, e molti amanti della natura,
ansiosi di confondersi un giorno con le acque di un fiume o con
l’erba di un prato. Per tutti loro, forse, quel giorno è vicino.
Mentre la commissione parlamentare «Affari sociali» sta lavorando
per dare applicazione ad una norma approvata nel 2001, alcuni
consiglieri regionali dell’Emilia Romagna hanno presentato un
progetto di legge in materia di cremazione che consentirebbe, con
regole ben precise, la dispersione in natura delle ceneri.
Fino
ad oggi questa pratica, diversamente da quanto accade in molti paesi
anglosassoni, era considerata illegale. Le ceneri dei defunti
dovevano essere conservate in apposite aree dei cimiteri e potevano
essere disperse solo al loro interno, in cinerari comuni. Chiunque
avesse voluto «liberarle», sarebbe incorso nel reato di vilipendio
di cadavere e, secondo quanto disposto dall’articolo 411 del
codice di procedura penale, avrebbe rischiato da due a sette anni di
reclusione. Disposizioni severe che pure non sono riuscite a fermare
qualche temerario. Accade non di rado, infatti, che nel tragitto dal
crematorio al cimitero di destinazione, confidando
nell’impossibilità di poter effettuare controlli efficaci, pur di
esaudire l’ultimo desiderio del proprio congiunto, qualcuno «devi»
dal percorso prestabilito. La legge 130 del 2001 pose fine a questa
situazione, introducendo nel nostro ordinamento la possibilità di
disperdere le ceneri in natura. Secondo il testo la dispersione «e'
consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in
aree a ciò appositamente destinate all'interno dei cimiteri o in
natura o in aree private; la dispersione in aree private deve
avvenire all'aperto e con il consenso dei proprietari, è in ogni
caso vietata nei centri abitati, nei laghi e nei fiumi e' consentita
solo nei tratti liberi da natanti
e da manufatti». Una vera e propria rivoluzione, che andava
incontro alle aspettative di molti cittadini. Purtroppo, però,
almeno per adesso quella legge, una delle ultime promosse dal
centro-sinistra nella scorsa legislatura, è lettera morta. Mancano
i regolamenti attuativi. In attesa che vengano promulgati, nelle
sale deposito dei cimiteri si sono accumulate decine di urne
cinerarie. Nella sola Bologna, dove le cremazioni aumentano di anno
in anno, alla Certosa dal 2000 ad oggi sono state lasciate in
custodia 425 urne. Entro giugno la dodicesima commissione «Affari
sociali» potrebbe
licenziare così com’è il disegno di legge che dà attuazione
alla precedente norma, ma, se le cose non andassero lisce come tanti
si aspettano, seguire il normale iter parlamentare significherebbe
allungare di molto i tempi. Alcuni consiglieri della Regione Emilia
Romagna hanno deciso di non rimanere con le mani in mano e di dare
certezze a chi sceglie di essere cremato. Sulla scia di quanto già
fatto in Lombardia, i diessini Lino Zanichelli e Silvia Bartolini
nel 2003 hanno presentato un progetto de legge regionale in materia
di cremazione che riprende i contenuti della 130/2001. «Negli
ultimi mesi – spiega Zanichelli – la Giunta regionale ha
avanzato una proposta di regolamentazione di tutta l’attività
funeraria, comprese le pratiche relative alla cremazione. Se questa
nuova legge non dovesse essere approvata in tempi brevi, andremo
avanti con il nostro progetto. Speriamo, entro l’estate, di poter
dare una risposta concreta ai familiari di coloro che hanno chiesto
che le proprie ceneri fossero disperse in natura e che ancora
attendo nelle sale deposito dei cimiteri».
Nel frattempo nella provincia di Bologna cresce a ritmo esponenziale il
numero delle cremazioni. «Siamo passati – afferma Alessandro
Capelli, responsabile dell’ufficio commerciale dei servizi
funerari di Hera – dalle 1410 cremazioni del 2000 alle 1902 del
2003. In questi primi mesi del 2004 sono state già 736». Secondo i
dati diffusi da Socrem, una società di cremazione con sedi in tutta
Italia con oltre 12mila iscritti in città, all’ombra delle Due
Torri nel 2002, su un totale di 4.918 decessi di residenti, le
cremazioni sono state 1137, pari al 23,12 %. Significa, forse, che
nella ricca e moderna Bologna il culto dei morti e la cura del
sepolcro siano destinate scomparire? Può darsi. Entrando, però, in
una delle sale deposito delle urne cinerarie, si scopre che la «celeste
corrispondenza d'amorosi sensi, dote negli umani», parafrasando Ugo
Foscolo, nemmeno qui si spegne. Ovunque
fiori, fotografie, bigliettini. D’altronde teme la morte e il
ricordo solo «chi non lascia eredità di affetti».
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